Presentato il libro «600 giorni nel campo Kz Dora Mittelbau. L’esperienza vissuta da Gianni Araldi internato militare e uomo di pace»
Come conservare la propria umanità e la propria dignità in una situazione estrema come quella di un campo di sterminio? Attraverso valori quali la speranza, la giustizia e il volersi bene ed aiutarsi reciprocamente. È il messaggio di pace ed armonia che emerge con forza dal libro «600 giorni nel campo Kz Dora Mittelbau. L’esperienza vissuta da Gianni Araldi internato militare e uomo di pace», scritto dalla figlia Lucia Araldi e presentato ai soci del Rotary Club Salsomaggiore Terme.
«Mio padre Gianni è stato deportato nel campo Dora Mittelbau insieme ai suoi amici e compagni militari dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, dopo che avevano rifiutato di aderire alla repubblica di Salò. Sono stati portati in questo campo di sterminio che era costituito da una miniera dove si costruivano le armi segrete V1 e V2, perciò nessuno doveva uscirne vivo. Per periodi lunghi anche un mese mio padre e i suoi amici sono stati nei tunnel senza mai vedere la luce del sole» ha esordito Araldi. Secondo l’autrice a dare la forza di andare avanti al padre e ai compagni di prigionia è stato proprio l’essere insieme e il sostenersi l’un l’altro. Il loro motto, coniato al ritorno in patria dei superstiti, era «Perdonare, non dimenticare». «Mio padre ed i suoi amici hanno vissuto qualcosa di terrificante ma alcuni di loro ne sono usciti, mentre 303 del loro gruppo sono morti al Campo Dora e i loro nomi sono incisi sul monumento al deportato nel Giardino della memoria a Salsomaggiore – ha concluso Araldi – . Lui ha portato a casa molta documentazione trafugata al campo, materiale preziosissimo che ha contribuito al riconoscimento nazionale ed internazionale del Campo Dora come KZ (morirono al Campo circa 12 mila deportati di varie nazionalità). Si calcola che gli Imi, militari italiani internati, nei vari campi di concentramento tedeschi siano stati 700 mila e non godettero della tutela di prigionieri di guerra prevista dalla Convenzione di Ginevra. È una storia che per tempo non è stata riconosciuta perché a molti conveniva tacere sull’argomento sia per gli orrori vissuti nei campi, sia per l’ingiusto trattamento riservato a soldati dell’esercito italiano».
La serata è stata preceduta dell’assemblea del club, svoltasi alla presenza del presidente Marco Faelli e dell’assistente del governatore Giovanni Pedretti.