Marco Faelli ha presentato il suo libro “Filologia della prassi verdiana” ai soci del Rotary Club Salsomaggiore Terme.
Come venivano eseguite le opere di Verdi all’epoca in cui il Maestro è vissuto? A questa domanda ha cercato di dare una risposta Marco Faelli, direttore d’orchestra, nel suo libro “Filologia della prassi verdiana”. Faelli, socio del Rotary Club Salsomaggiore Terme, ha presentato il volume in occasione di una conviviale del club, svoltasi giovedì 23 novembre al ristorante I tre pozzi di Sanguinaro. La serata si è aperta con i saluti del presidente del club Francesco Maini che ha ricordato Giuseppe Amoretti, ordinario di Fisica all’Università di Parma e socio del club da 40 anni, scomparso pochi giorni fa.
Il libro di Faelli, frutto di anni di studio e ricerca, si divide in due parti: la prima analizza l’ambiente musicale in cui Verdi ha lavorato, la seconda si concentra sulle opere del Maestro. “Le opere venivano eseguite in maniera molto diversa da come facciamo noi oggi. Erano diversi gli strumenti, erano diverse le voci e c’era un coinvolgimento del pubblico altissimo – ha spiegato Faelli – . Probabilmente se Verdi sentisse come vengono suonate oggi le sue opere parlerebbe di cantanti che urlano, orchestre che fanno baccano e un pubblico da museo. Nell’Ottocento il rapporto con la partitura era più elastico e gli interpreti erano molto liberi. Giuseppe Verdi, in particolare, dava molta importanza all’espressività. Era molto attento alla recitazione, alla dizione, all’espressività: le voci, molto diverse da quelle che noi oggi consideriamo voci verdiane, dovevano essere funzionali al personaggio ed era in questo modo che sceglieva i cantanti per le prime delle sue opere”.
E oggi si potrebbe recuperare quel modo di interpretare le partiture? “Oggi è cambiato molto – ha concluso Faelli – . Sono cambiati gli strumenti, sono cambiate le voci, è cambiato il contesto. Quello che si potrebbe però fare è cercare di recuperare l’espressività e un modo più vivo di interpretare le musiche ed i testi”.